Legge 104 del 5 febbraio 1992

“La presente legge detta i principi dell’ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona handicappata”

Si legge tra le finalità la garanzia del “pieno rispetto della dignità umana e i diritti  di libertà e di autonomia della persona handicappata”, e “la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro  e  nella società” Si parla dunque dei cittadini disabili ma non mancano i riferimenti a chi vive con loro, aspirando al massimo raggiungimento della autonomia e della integrazione possibili e fornendo il massimo aiuto, sia alla persona handicappata stessa che alla famiglia, il maggior aiuto possibile.  Questo sostegno si concretizza in aiuti personali o familiari, psicologici, pedagogici, tecnici ed economici. A chi ed a cosa si applica La legge 104 quindi si applica sia ai cittadini con disabilità che ai genitori di figli disabili, ai coniugi, ai parenti entro il secondo grado, ed i parenti entro il terzo grado lavoratori dipendenti nel caso in cui genitori o coniuge siano ultrasessantacinquenni o in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti degli altri soggetti prima citati.

 

Questa legge garantisce inoltre, insieme alla 68/99, la piena integrazione nel mondo del lavoro ed una serie di permessi sia per lui che per i familiari che lo assistono

Abusi

Nei giorni in cui il lavoratore beneficia di questi permessi egli è tenuto ad utilizzare la maggior parte di questo tempo effettivamente per l’assistenza del familiare e non per attività personali.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18411 del 9 luglio 2019, legittimando il licenziamento in tronco per giusta causa se il lavoratore utilizza impropriamente questi permessi lavorativi.

 

Il caso

La vicenda parte da un licenziamento per giusta causa per abusi dei permessi ex art. 33, co. 3, della L. n. 104 del 1992. Sia in primo che secondo grado di giudizio i giudici confermarono la legittimità del licenziamento, utilizzando le prove reperite tramite investigatore privato. Le indagini avevano dimostrato che il lavoratore in questione nelle due giornate di permesso non si era MAI recato presso l’abitazione della zia handicappata: era infatti rimasto nella propria abitazione senza mai uscirne. Il Lavoratore dal canto suo affermava di essersi assentato per sole due ore.

Nonostante le richieste dell’indagato di rendere nulle le indagini investigative, poiché svolte da soggetti privi delle licenze prefettizie, nel ricorso in Cassazione gli ermellini stabiliscono la validità del licenziamento per giusta causa per un evidente abuso “dei permessi 104” venendo meno il rapporto fiduciario che lega le due parti.

 

Questa sentenza è importante per validare come determinante il lavoro della agenzia investigativa delineando le possibilità di controllo del datore di lavoro al di fuori della propria azienda senza sconfinare nella violazione della privacy e verificando comportamenti che possono configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività fraudolente a patto che le indagini non sconfinino nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria.

 

Cosa si può fare per fermare gli abusi?

Un datore di lavoro che sospetti un utilizzo improprio dei cosiddetti “permessi 104” deve quindi rivolgersi ad un investigatore privato per reperire quante più prove valide possibili (fotografie, video, etc) che potranno essere utilizzate in sede di giudizio per accertare gli abusi procedere al licenziamento per giusta causa.

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